giovedì 28 dicembre 2006

Il Natale dei Non Amati

Mi sono chiesta molte volte che cosa mi rendesse il Natale così odioso.

Semplici spiegazioni, politicamente corrette per carità, quali l'insofferenza verso il consumismo imposto, il rito collettivo non genuinamente sentito e partecipato, le sentivo parziali e non profonde.

A 42 anni, e dopo numerose riflessioni ed inevitabili auto-analisi, sono giunta alla conclusione che il Natale, molto semplicemente, premia l'amore e celebra le relazioni che si nutrono di esso.

Chi ha cercato senza successo di spremere dalle relazioni primarie (parentali) il nettare dell'amore disinteressato, vive nel Natale il beffardo ed urticante elogio del proprio fallimento.

Il gioco dello scambio di doni, anche se forzato dall'evento, risulta, appunto, giocoso e gioioso se ancorato ad una galassia di relazioni mediamente autentiche.

La dove le relazioni sono puro legame di sangue, e nessun altro ingrediente emotivo si è aggiunto/formato nel corso del tempo ma anzi, una valanga di "non-detti" si sono accumulati nel velenoso serbatoio delle occasioni familiari mancate, ebbene lì il Natale capita come il peperoncino sulla ferita.

Risveglia rancori e frustrazioni, vendette e regressioni.

In sostanza, compromette l'equilibrio emotivo raggiunto nonostante il "non-amore" e ferisce l'orgoglio personale: il paragonarsi continuo ai modelli natalizi promossi attraverso i media, infatti, consente di misurare e soppesare, con tutta la calma concessa dal periodo festivo, le dimensioni cosmiche della propria impotenza e del proprio dolore.

Ecco perché odio il Natale.

E perché sorridere falsamente ad un falso regalo mi costa una fatica assolutamente sproporzionata al deludente risultato (l'ipocrita e bonario inganno del "donante").

L'atto della consegna di un presente mi appare come la metaforica richiesta di accettazione supina dell'insopportabile condizione di "non-amato": "ti regalo il pacchetto che ho in mano, anche se non ti amo, e se lo accetti (sorridente), vuol dire che rinunci alle tue infantili pretese d'amore e vieni a patti con la condizione (colpevole) che ti affligge".

Una soluzione?

Passare il Natale con chi si ama davvero. Anche se lo si ama da soli cinque minuti. Anche se trattasi di clochard straniero (ci si avvicina così, anche epistemologicamente, alle vicissitudini del "re di tutti i clochard": Gesù Cristo.... in fin dei conti è il suo compleanno....).

Il mio prossimo Natale, Vi informo anche se non ve ne frega molto, sarà così.

Accetto proposte in tal senso.

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