giovedì 11 gennaio 2007

Un Mondo Sordo..... Erba (Furore dietro l'Angolo)


Venire a patti con la proprie rabbie profonde è una partita complessa che ognuno di noi impara a gestire grazie al tempo ed a meccanismi, più o meno felici e creativi, di sublimazione.

Le ingiustizie subite in infanzia, si ripropongono metaforicamente nei conflitti che viviamo da adulti.

Non essendo più bimbi, per fortuna, riusciamo ad "elaborare e non agire" e ci limitiamo in genere a rendere oniriche le nostre possibili punizioni, usando il palcoscenico dell'immaginazione come ring dove incontrare, coi guantoni, i nostri (veri o presunti) persecutori.

Le sensibilità più raffinate sognano eleganti vendette verbali, i più testosteronici, l'umiliazione incondizionata di chi ci ha ferito.

C'è chi poi, un po' più pigramente, seleziona il target su cui  rovesciare il proprio odio irrisolto scegliendo nel catalogo, sempre molto ricco, delle "diversità" sociali.

 I "differenti", gli stranieri, i meno abili, i "religiosamente altri", i colorati, diventano così il facile bersaglio su cui riversare paure, risentimenti ed ogni altro infantile sommovimento.

Fin qui ci limitiamo al pensiero e all'invettiva.

Ad un livello diverso si colloca chi decide di far infrangere le pareti dell'immaginazione alla propria rabbia, e di introdurre alcuni elementi di azione evidentemente, per quelle personalità, non altrimenti sublimabili.

Ed allora ci si iscrive a Viet-Vo-Dao, ci si fa il porto d'armi, si comprano i RottWeiler o i PitBull, si va allo stadio con un manganello, si apre, insomma, una via di fuga fisica alla pulsione aggressiva che si agita nel diaframma.

Per fortuna però, se non le pareti del sogno, sono quelle delle palestre, dei poligoni, delle museruole e degli stadi a creare gli argini tra emozione ed azione.


E a Erba?

Cosa è successo?

Quali argini sono mancati? E perchè?

Quale domanda dobbiamo porci, per trovare una risposta credibile, sufficiente e proporzionata alla cronaca mostruosa che ci ha investito?

Cosa differenzia Olindo Romano dalla miriade di automobilisti rissaioli pronti a sfoderare le loro corna tascabili, dinanzi alla prima frustrazione veicolare?

Rispondere che ciò che fa la differenza, tra un guidatore maleducato ed un killer sgozzatore, è il gradiente di follia, è alquanto banale.

E dobbiamo anche metterci in testa, nonostante l'arroganza conflittuale con cui il mondo latino si confronta anche nel terzo millenio con le Scienze della Psiche, che le famiglie stolidamente descritte come felici, dai giornalisti che vampirizzano per giorni i territori insanguinati da sciagure come quella di Erba, proprio non esistono.

Non esiste la famiglia serena di Erika e del suo fidanzatino Omar, come non esiste una coppia "normale" di Erba che si trasforma in un soggetto di Quentin Tarantino.

Esiste solo la laurea umanistica debole, dei COPRO' pennivendoli che, per la stampa locale macchiata dal cappuccino del bar, confezionano questi caterpillar di luoghi comuni e fesserie.

Ma allora, se non parliamo del Dottor Jekill e di Mister Hyde, cosa possiamo propinare di "gustoso", che titilli la morbosità superficiale del lettore seduto sulla tazza?

Purtroppo nulla.

Lasciamo cacare chi lo deve fare ed accendiamo/accediamo ad un altro organo: il cervello.

Cominciamo col dire che oltre a non essere una coppia "normale",  il mostro di Erba è uno specchio moltiplicatore di due furori incontenibili ed insospettati: quello di Olindo, senz'altro, ma anche e, forse soprattutto, quello di Rosa.

La Sig.ra Rosa, tipica icona dell'operatrice domestica, figura anonima ma familiare che anima i Fuori Orario al neon degli uffici padani lasciati incustoditi per il riassetto quotidiano, è  quella che ha ammesso di aver sgozzato, con un coltello da cucina, il piccolo e delizioso bimbo di Gabriella e Azuz Marzouk.

Nell'esagerata lista dei i tabù violentemente infranti dalla coppia piccolo-borghese di Erba, quello di Rosa, in quanto rivolto ad un infante indifeso, è socialmente il più inaccettabile ed odioso.

Mi è sufficiente questa riflessione per concentrarmi su alcuni tag (oggi coi Blog va di moda): famiglia, convivenza, conoscenza, empatia.

Sono quattro evidenze meravigliose dell'attitudine umana alla relazione, costantemente indebolite e messe a repentaglio dalla retorica cattolica della famiglia monogama ed eterosessuale; retorica il cui obiettivo storico è la conservazione di un assetto sociale classista, che avrebbe bisogno, al contrario, di dinamizzarsi, innovarsi e rendersi fruibile dalle nuove istanze di una società policulturale che si va formando.

Dove voglio arrivare? E' la solita bordata laicista contro Chiesa Cattolica?

 No. Voglio dire che l'intolleranza fobica verso le diversità, di cui l'esercito confessionale vaticano è uno degli artefici più importanti, sta ottenendo esattamente il contrario di quanto apparentemente la Conferenza Episcopale predichi: invece di rendere la famiglia un contenitore d'amore libero da formalismi imposti e nido di riproduzione prolifica di relazioni autentiche piene di sentimento ed empatia,   le famiglie che nascono all'ombra del cupolone, intossicato dalle proprie conraddizioni, sono spesso dei serbatoi di insensibilità e frustrazione che danno luogo a insoddisfazioni croniche pronte a sublimarsi in "violenza creativa.

Che si può fare?

A parte l'atto di apostasia che riduce, attraverso la disiscrizione all'organismo di rappresentanza, il numero di fedeli riportati nei registri d'oltretevere e che rappresenta l'unica vera manifestazione di dissenso a cui Chiesa Cattolica sembra sensibile, credo (a parte gli scherzi) che solo un nuovo, ampio dibattito sulla/e società che si sta/stanno creando possa, innescare qualche meccanismo virtuoso di elaborazione collettiva.

Auspico insomma, una sorta di neo 68 con il corollario colorato della sua Reichiana Rivoluzione.

Mi auguro tuttavia che sia profondamente diverso dal 68 e che rivoluzioni l'accettazione di nuovi schemi di relazione, piuttosto che imporre, su fronti opposti ma con la stessa attitudine dittatoriale cattolica, comportamentismi sessuali ed una declinazione politica del sentimento di coppia.

Un'altra considerazione (ed anche l'ultima perché non ce la fo più), riguarda la qualità della comunicazione urbana.

Mi chiedo, come sia possibile riuscire a leggere con tanta precisione le delicate sfumature caratteriali di chi risiede a migliaia di chilomentri di distanza ed è in contatto con noi attraverso un pugno di bit viaggianti su doppino, e magari non rendersi conto della rabbia sanguinosa ed abissale di chi abita a tre metri dalla nostra porta di ingresso.

Insomma, siamo in grado di essere vicini e supportivi a persone mai viste, conosciute attraverso l'outing di un blog e poi "abbracciate" via mail, con i quali condividiamo un inglese improbabile e qualche faccina di Internet, e coloro che annusiamo per le scale, di cui conosciamo i suoni, il passo, il tossire e persino le vicissitudini più intime riportate da una portiera millesimalmente pettegola, sono praticamente dei poltergeist, creature, caratterialmente, invisibili. 

Io per prima vivo di più la dimensione virtuale che quella fisica.

Lavoro grazie alla rete e le pareti del mio ufficio sono ovunque io riesca a portare e scambiare dei pacchetti di dati con i miei interlocutori e collaboratori.

E proprio per questo provo un senso di nausea quando mi viene contestata la non corporeità (e quindi la disumanità) del mio modo di intendere le relazioni: chat, mail, blog, sms, programming language, UI.

Esagero volutamente, ma devo riconoscere che anche su questo fronte una valanga di retorica incombe sulla discussione.

Non imputo totalmente a Chiesa Cattolica, tale demagogica visione del mondo digitale (potrebbe sempre spuntare dal nulla un Marcinkus con 500 milioni di dollari in azioni AOL), ma sono sinceramente convinta che quest'ultima, differenziando l'uomo da dio sula base della presenza di un corpo e non del puro spirito, sia pronta  a condannare Cybernauti, semplici navigatori o, l'uomo dell'anno secondo Newsweek, in quanto tentati dal voler somigliare a dio, eliminando l'elemento fisco e lasciando al puro spirito, trasportato da codice binario suddiviso in byte da otto bit, il palcoscenico del'espressione di se.   

Questo, come si immaginerà, non mi preoccupa. Le paturnie di Chiesa Cattolica sono così tante e bizzarre che non posso che esprimere vicinanza e solidarietà a chi deve rappresentarle come un coerente e coraggioso bagaglio valoriale (vale a dire i poveri preti). 

Un po' più interessante può essere la riflessione circa la perdita, determinata dalla digitalizzazione delle relazioni,  di alcune facoltà istintuali che che comporterebbero capacita (come ci ha detto brillantemente Kohut) di "introspezione vicariante", cioè di abilità "quasi-terapeutiche", ed aliene al setting analitico, di "comprendere", "sentire" e quindi "balsamizzare" l'altro, attraverso quell'ascolto e quel rispecchiamento para-genitoriale fallito in infanzia. 

Come si concretizza ciò e come esemplificarlo?

Nella capacità, innata nel'uomo occidentale del terzo millenio, di creare dei codici di comunicazione altamente sofisticati e flessibili quanto adattabili alla superficie espressiva messa a disposizione dal medium (pensiamo agli SMS ed all'acronimizzazione delle comunicazioni per contenere il panorama concettuale entro il limite fisico dei 160 caratteri).

Grande abilità, quindi, nel creare sottoculture fortemente coese e positivamente omologate (mi sento madre e sorella di tutti i beta tester di WinVista che come me vedono in questo MumboJumbo/Totem/Idolo, e nel suo mantra/rosario/debugging  la meravigliosa e ristrutturata cattedrale dove esprimere ogni positività spirituale e razionale), ma, e vengo all'atteso rovescio della medaglia, la perdita progressiva e costante della capacità di riconoscere quegli elementi di  comunicazione meta-verbale, non facilmente codificabili, non immediatamente riconoscibili e che nella storia dell'uomo hanno determinato,assieme alle abilità razionali, la sua capacità di sopravvivenza nell'intuire/prevenire le intenzioni aggressive dell'altro da se.

Un alito particolarmente pesante, un tic, un ossessivo grattarsi, il roteare degli occhi, ma anche la capacità/incapacità di ascolto, il collegamento logico tra elementi della conversazione in atto, l'utilizzo di parolacce e la rapidità dell'esposizione per paura di perdere l'attenzione dell'interlocutore....

Sono questi alcuni di quegli elementi che, a prescindere dall'elaborazione sceientifica oggi a disposizione grazie ad un'estesa scolarizzazione ed alle comunicazioni più facili e veloci, hanno sempre avuto, nel corso dela storia dell'uomo, interpreti scaltri, solitari e molto recettivi oltre che residenti al di fuori del circuito del principe e dei network dei sapienti di corte.

Maghi, giullari, sciamani, stregoni, e poi ciambellani oggi modernamente trasposti in scienziati, fantasisti, transessuali, psicologi e politici..... tutte le figure, insomma, che della capacità di comprendere e sentire il mondo interiore dell'altro, hanno fatto, materia di organizzazione della loro personalità (e qualche volta delle finanze), vivono oggi un momento di scarso fascino; un po' come un prestigiatore stantio di cui sono stati svelati i trucchi.

Tutto questo, in parte, ha la sua dose di positività.

La democratizzazione delle chance terapeutiche libere da demiurghi e concessionari esclusivi, è una conquista del terzo millennio e dello stato "light" che piace agli anarchici e libertari come me.

Ciò che si sta perdendo, tuttavia e mi ricollego agli infelici Rosa ed Olindo, è proprio l'intuizione (quale dono svincolato dallo studio e dalla razionalità) delle componenti nascoste della personalità dell'uomo e al di fuori dei linguaggi costruiti e condivisi. 

In sostanza, è possibile che questi due soggetti siano stati così soli da poter covare in maniera del tutto indisturbata un risentimento cieco ed indomabile di tale intensità?

Se invece di piccolo-borghesi ignoranti, incapaci di costruire alternative personalizzate al conformismo quotidiano e depressivo del vivere padano, avessero potuto contare su un canale comunicativo diverso da quello fornito dal setting condominiale in cui hanno recitato gli atti del loro autentico psicodramma....

Se invece del pubblico/coro, sordo ed incompetente, poi trasformatosi in tremenda vittima, collocato da un pessimo regista (l'evoluzione sociale cattopadana) nella scenografia di case popolari che la TV c'ha propinato assieme al grigiore della nebbia, Olindo e Rosa avessero incontrato la vasta platea del mondo a disposizione su ogni PC ed avessero fatto fluire un po' di quell'energia distruttiva, che ha fatto fuori le vite della famiglia Marzouk ma anche le loro, in una qualche forma creativa di comunicazione.....    

Il messaggio di questa seconda riflessione è in sintesi che, seppur felice di una società sempre più libera, democratica, globale, ricca di curiosità, sono preoccupata della perdita progressiva di alcune facoltà, allenate ed allenabili solo dall'esercizio delle relazioni dirette.

Per questo "vuoto di competenze", che va creandosi per la progressiva digitalizzazione delle comunicazioni interpersonali,  non riusciamo più a cogliere, come ancora sanno fare queale società che razio-analizzano di meno ed emo-comunicano di più,  il potenziale di ferocia, ma magari anche di amore, che ci si para davanti sotto forma di banale e un po' grigio inquilino della porta accanto.

Un abbraccio

1 commento:

Anonimo ha detto...

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